Quando, alla fine dell’estate 2013, dopo molto esitare, ho preso la decisione di lanciarmi nella scrittura del “Libro segreto di Gesù”, non potevo immaginare quale posto quel progetto avrebbe preso nella mia vita. Ero evidentemente ben lungi dal prevedere l’ampiezza e il rigore del lavoro che ciò mi avrebbe richiesto: a dire il vero, mi aspettavo di dover scrivere un’opera di 600-700 pagine al massimo, e non due volumi che, quattro anni dopo, in totale avrebbero contato più di 1000 pagine particolarmente dense.
Quattro anni. Tanto ci è voluto effettivamente per condurre in porto questo compito che, ne sono certo, resterà il più importante della mia vita, ed è forse anche il motivo centrale della mia incarnazione quale scrittore e mistico. Al di là dell’opera scritta, c’è il vissuto… Questa è una cosa che si può facilmente dimenticare quando si è presi dalla lettura di una storia del genere, e sono stati proprio i primi lettori a far sì che me ne rendessi conto.
Per quanto mi riguarda, devo dire che quel vissuto si è impadronito di ogni mia giornata, di ogni mia notte. E d’altronde come avrebbe potuto non accadere? Rivivere integralmente la vita di Jeshua – il Maestro Gesù – attraverso i suoi occhi, condividere le sue riflessioni, i suoi sentimenti, persino le sue emozioni, e vivere, attraverso il suo corpo, quel suo interminabile camminare, i suoi insegnamenti, i miracoli e le prove subite, fino all’ultima e altro ancora, è un’esperienza tutt’altro che qualsiasi.
Immergersi negli Annali dell’Akasha non può essere senza conseguenze per chi ha la responsabilità di trascrivere un percorso del genere. Stiamo parlando di un’esperienza che lascia impronte indelebili nell’anima, vere e proprie stigmate che ogni giorno mi ricordano che esse esistono.
È stato dunque un lavoro di scrittura e di ricostruzione enorme, ma anche un vissuto di trasmutazione con un impatto sulla mia sensibilità di essere umano, sulla mia visione del destino delle nostre coscienze e – ma questo forse non c’è bisogno di dirlo – della natura dell’Amore allo stato puro. Lo sguardo si è fatto più penetrante e il cuore è salito a fior di pelle.
Questi anni dunque sono trascorsi, e il racconto-testimonianza, ormai consegnato nella sua interezza ai lettori, si discosta forse subito dai molti altri libri sulla vita e sulla missione di Jeshua per il fatto di essere scritto in prima persona. “L’autore ha avuto un bel coraggio”, penserà qualcuno, e altri mi tacceranno di impudenza; in realtà la scelta si è imposta da sé, a causa della natura dell’esperienza che la guidava.
La testimonianza è singolare anche perché si allontana radicalmente dalla versione ufficiale della vita del Cristo trasmessa dalla Chiesa. Certo, non è la prima volta che questo accade, ma in questo caso è presente un’abbondanza di dettagli particolarmente precisi in una quantità di ambiti diversi.
E mentre la storia si snoda, i dogmi si allontanano uno ad uno, e con essi anche le parole cristallizzate, a vantaggio di un insegnamento infinitamente vicino tanto all’umano quanto al Divino.
In quest’opera che non cerca né di convincere né di comprovare nulla, si parla soprattutto dell’itinerario di un essere imbevuto di Amore che accetta di percorrere appieno un cammino di uomo pur essendo abitato da un’Essenza più che umana. Basta lasciarsi portare dalla sua proposta e raccoglierne la linfa…
In tal senso, la sfida davanti alla quale mi sono trovato era soprattutto individuare il modo di avvicinare i lettori a un Jeshua che si costruisce da solo, diventando un Maestro saggezza, un Jeshua che non è nato “già Cristo” nella stalla come sostiene la Tradizione, ma la cui grandezza consiste in primo luogo nel ritrovare la propria memoria di Avatar, ossia di incarnazione del Divino. Non è un Jeshua predicatore e fondatore di una religione, ma un Soffio di vita venuto a parlarci direttamente della nostra Libertà essenziale e del nostro retaggio fondamentale.
La cosa affiora rapidamente nel racconto, e poi ne diventa un elemento costitutivo. Se da un lato questo può infastidire chi è ancora aggrappato ai dogmi, da un altro ci permette di sentire l’Avatar – il Messaggero – ancora più vicino, e abbiamo anche la sensazione di non essere “in panchina” rispetto alla nostra ricerca interiore del Sacro, perché il cammino di Jeshua diventa allora la via ascensionale che siamo invitati a percorrere. Inevitabilmente, siamo allora chiamati ad uscire dal ruolo sconfortante del “peccatore” in attesa di un Salvatore da adorare come unico Figlio di Dio.
In tutto il mio vissuto, e soprattutto nella stesura del secondo volume del Libro segreto di Gesù, mi si è imposta costantemente la visione della responsabilizzazione di questa nostra umanità a fronte della nostra necessità di crescita e della nostra destinazione. Non potevo dunque fare altro che ritrasmetterla restituendo il più fedelmente possibile, pagina dopo pagina, le parole e gli atti del Maestro.
Effettivamente, al centro del Suo insegnamento c’è sempre la possibilità della “divinizzazione” di ciascun essere umano. Ed è per questo che essa costituisce il cuore del libro e va oggi consapevolizzata urgentemente, in un tempo in cui l’insegnamento del Cristo perde vigore visibilmente, non essendo mai stato trasmesso, fin dai primi secoli, nella sua interezza e nella sua autenticità.
Autenticità e fedeltà sono state, per quel che mi riguarda, i principi che hanno guidato la mia penna dalla prima all’ultima riga di questa testimonianza. Vi lascio immaginare le difficoltà di ogni istante nel restituire nel modo più esatto possibile gli eventi di allora, le personalità dei discepoli di Jeshua, i loro stati d’animo così simili ai nostri, i loro moti interiori. Il tutto intorno a Parole e Azioni che, di per sé, già rappresentano la sfida più grossa che ci sia nell’ambito della scrittura. Mai tradire, non deformare nulla…
È peraltro difficile spiegare il fenomeno della trascrizione parola per parola nell’ambito di una connessione con la Memoria dell’Akasha. Molti mi chiedono come sia possibile, confondendo a volte il mio metodo di lavoro con il “channeling”, mentre le due cose non hanno nulla in comune.
Nelle immagini e nelle lunghe scene in cui mi trovo immerso durante le esperienze che sempre mi inducono a scrivere, tengo a ricordare che le parole vengono pronunciate in aramaico o nelle varie lingue di allora, in base al luogo in cui le scene si svolgono.
Oggi, io non conosco quelle lingue, ma all’interno di quelle esperienze le comprendo appieno, attraverso non so quale meccanismo di traduzione istantanea che ogni volta mi stupisce. Come tutti i traduttori, cerco in seguito di trovare il vocabolario e le espressioni più vicine possibili al senso delle parole che ho colto. E in questo esercizio delicatissimo e molto rigoroso sono sempre guidato dal senso della sua importanza e dal suo sacro scopo.
Mi è particolarmente cara questa idea del sacro, che era peraltro centrale nell’insegnamento cristico del Maestro Jeshua: cogliere e vivere il sacro in ogni cosa era per Lui la porta di accesso all’unione con il Tutto. Contrariamente a quanto ci è stato inculcato negli ultimi duemila anni, Egli non riteneva di essere l’unico ponte, il solo intermediario tra l’uomo e Awun – il Padre celeste facilmente concepibile dai suoi contemporanei – ma si considerava come una mano tesa, parte di un lignaggio formato da altri grandi Mentori della nostra umanità terrestre.
Nei quattro anni di quest’esperienza, sono rimasto impressionato dalla lucidità con cui Egli ha sempre guardato a Se stesso e alla Sua missione, così come dalla capacità che aveva di accogliere altre culture e tradizioni, per le quali provava un profondo rispetto. Per molti versi, Jeshua se ne considerava l’erede, colui al quale era stata passata la fiaccola, ma portatore di una “sfumatura diversa” e di un “diverso profumo”. Immensamente grande proprio a causa della sua umiltà, era ben lontano dal personaggio accentratore a cui siamo stati indotti a credere.
Mi ha colpito anche l’assenza di giudizio da parte Sua nei confronti di chiunque, anche se ovviamente, nel suo caso, pare logica. Egli non inveì mai nei confronti di un luogo e di persone che non ascoltavano la sua Parola, diversamente da quanto si legge, ad esempio, nel Vangelo di Matteo (11,20- 21; 12,34; 12,39), senza che questo sia mai parso imbarazzante né ai fedeli né al clero. L’Amore è senza limiti, e non esclude nulla e nessuno.
Al di là della Storia, il ritratto del Maestro “dall’interno” che a poco a poco si disegna nel Libro segreto di Gesù mi pare abbia lo scopo di accrescere la nostra familiarità e intimità con il Divino. Ci reintroduce nella Sua famiglia, abolendo qualsiasi frontiera e invitando ognuno di noi a diventare in un certo senso il sacerdote della propria vita, mentre il Messaggero ha il ruolo di un Ponte trasparente fra la nostra realtà quotidiana e quella che è in attesa, al di là del nostro sonno.
Con ciò il testo ci conduce all’intima comprensione di come avvengono i cosiddetti miracoli, ridefinendo i parametri del nostro mondo così da lasciarcene intravedere degli altri. Con grande anticipo sulla storia, vi è sotteso il principio degli universi come ologrammi, caro alla fisica quantistica.
Sotto ogni aspetto si trattava di un insegnamento grandemente rivoluzionario, proprio perché responsabilizzante, decolpevolizzante e dunque liberatorio, in un’epoca in cui molte erano le cose pietrificate in una cultura patriarcale, che aveva codificato l’approccio al Divino in un modello considerato definitivo.
Quanto a Maria (Meryem), madre del Messaggero che Egli è stato e continua ad essere, sono convinto che se la Chiesa le ha lasciato l’importanza che ha è in gran parte perché la sua presenza poteva essere facilmente assimilata a quella della Dea Madre dei popoli celtici che, essendo considerati “pagani”, dovevano essere convertiti.
Tengo però a precisare che il ruolo che il Cristo riconosceva alla donna aveva ben poco a che fare con quello rivendicato dal grande movimento femminista attuale. Egli la considerava nel suo aspetto sacro fondamentale, dotata di una responsabilità iniziatica nei confronti degli uomini, che fosse madre, amante o sposa.
Per Lui, uomini e donne non erano uguali ma complementari, e avevano la missione di riconciliarsi e unirsi nello scopo supremo di realizzare l’Umano nel cuore del Divino. Una visione profondamente mistica, evidentemente, ma che corrispondeva al Segreto, al Luogo della Verità assoluta che vive in ogni essere.
Un’ultima cosa… una cosa che ha travagliato la mia anima per tutto il tempo della scrittura. Ho avuto la sensazione costante che quest’opera non fosse destinata a toccare la fibra cristiana delle persone, pur offrendo loro qualche ulteriore argomento di riflessione o di meditazione… Parallelamente, infatti, cresceva in me la certezza che i suoi contenuti fossero come pietre miliari per il prossimo fiorire di una Coscienza cristica nel senso più vasto del termine, ossia una Coscienza trascendente e universale perché priva di Chiesa e di dogma.
Rispondo quindi a una domanda che mi è già stata fatta: sì, Il libro segreto di Gesù ci chiama al Cristismo, in risposta a Cristianesimo di cui rispetto i fondamenti ma che sta ormai soffocando, avendo visibilmente fatto il suo tempo.
E questo era il problema… e lo è ancora oggi, anche in seno alla nostra società occidentale che ritiene di essersi liberata di un gran numero di fardelli mentre accetta, malgrado tutto, una quantità di dettami. I nostri attuali condizionamenti hanno solo cambiato nome e ambito espressivo. In realtà, siamo sempre ancora collettivamente confinati in una serie di schemi mentali, ove la nostra stessa essenza ci è preclusa.
La funzione “depietrificante” dell’insegnamento di Jeshua, non solo orale ma reso concreto dalle Sue azioni e dalle Sue prese di posizione, è certo fra le cose più importanti che ho cercato di mettere in luce scegliendo certi momenti fra quelli a cui avevo accesso. Uso il termine “scegliere” perché il mio vissuto attraverso gli occhi del Maestro è stato molto più vasto di quanto ho messo per iscritto.
Se avessi trascritto ogni cosa, le pagine sarebbero state magari tre o quattromila, e per certo il testo avrebbe perso di intensità. Accade sempre così quando si ha accesso alla Memoria dell’Akasha, perché si ha a che fare con una banca dati enorme in cui bisogna cercare di selezionare i punti salienti, quelli più significativi, per non diluire la forza dell’insegnamento.
Di fronte a questa esigenza, come scrittore-testimone devo agire un po’ come un regista cinematografico che, davanti a una sovrabbondanza di materiale filmato, si trovi a dover procedere al montaggio. Qualcuno mi dirà che c’è un elemento soggettivo in quest’opera di selezione, e forse è così, ma è anche inevitabile. E a dire il vero, quando sappiamo come sono stati scelti i testi ufficiali, canonici, poi dichiarati sacri, occorre riconoscere che anche quelli, quanto a soggettività, non scherzano.
C’è un altro argomento che vorrei sottolineare, soprattutto ora che è stato pubblicato il secondo volume: la relazione di Jeshua con le donne, che per molti era scandalosa. Nel contesto giudaico del tempo le donne erano prive di statuto giuridico ufficiale, ed erano escluse da qualsiasi dibattito in materia di fede o di religione.
Nell’invitarle esplicitamente ad andare ad ascoltarLo, e soprattutto nell’avvicinarle direttamente, Jeshua sfidava apertamente l’ordine sociale e spirituale in vigore. E faceva di meglio: spesso le additava quali ricettacoli adeguati della comprensione della Sua Parola. Lo scandalo era allora molto maggiore di quanto ci si possa immaginare oggi, e di certo ha contribuito alla Sua condanna. Peraltro, la Chiesa ha preferito tacere questa realtà per due millenni, relegando così le discepole del Cristo a ruoli subalterni.
Si è mai evidenziata la funzione di prima grandezza di donne come Maria-Salomé, Maria-Giacobea o Marta, fra altre, per non parlare di Myriam di Magdala, quali trasmettitori del Soffio cristico? Avevo già incominciato a farlo con Il Testamento delle tre Marie, ma nella seconda parte del Libro segreto di Gesù questa rettifica è particolarmente presente: vi si afferma senza ambiguità che Myriam di Magdala sposò effettivamente il Maestro e non era affatto una prostituta, come invece venne raccontato in seguito per il semplice fatto che camminava liberamente su tutte le strade.
Personalmente, ho provato una gioia speciale nel poter esprimere la verità sulle loro nozze, le nozze di Cana: avvennero in un luogo che si chiamava effettivamente Cana ma che non corrispondeva a quello attualmente designato. Furono nozze totali, sublimate dall’alchimia delle anime. E non c’era, in esse, nulla di sorprendente, perché il Giudaismo ha sempre ritenuto logico che un “rabbi” – titolo solitamente attribuito a Jeshua, sebbene Egli non lo rivendicasse – prendesse moglie al fine di conoscere la vita sotto ogni suo aspetto.
Quanto a Maria (Meryem), madre del Messaggero che Egli è stato e continua ad essere, sono convinto che se la Chiesa le ha lasciato l’importanza che ha è in gran parte perché la sua presenza poteva essere facilmente assimilata a quella della Dea Madre dei popoli celtici che, essendo considerati “pagani”, dovevano essere convertiti.
Tengo però a precisare che il ruolo che il Cristo riconosceva alla donna aveva ben poco a che fare con quello rivendicato dal grande movimento femminista attuale. Egli la considerava nel suo aspetto sacro fondamentale, dotata di una responsabilità iniziatica nei confronti degli uomini, che fosse madre, amante o sposa.
Per Lui, uomini e donne non erano uguali ma complementari, e avevano la missione di riconciliarsi e unirsi nello scopo supremo di realizzare l’Umano nel cuore del Divino. Una visione profondamente mistica, evidentemente, ma che corrispondeva al Segreto, al Luogo della Verità assoluta che vive in ogni essere.
Un’ultima cosa… una cosa che ha travagliato la mia anima per tutto il tempo della scrittura. Ho avuto la sensazione costante che quest’opera non fosse destinata a toccare la fibra cristiana delle persone, pur offrendo loro qualche ulteriore argomento di riflessione o di meditazione… Parallelamente, infatti, cresceva in me la certezza che i suoi contenuti fossero come pietre miliari per il prossimo fiorire di una Coscienza cristica nel senso più vasto del termine, ossia una Coscienza trascendente e universale perché priva di Chiesa e di dogma.
Rispondo quindi a una domanda che mi è già stata fatta: sì, Il libro segreto di Gesù ci chiama al Cristismo, in risposta a Cristianesimo di cui rispetto i fondamenti ma che sta ormai soffocando, avendo visibilmente fatto il suo tempo.
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