SOTTO I PONTI PER AFFRONTARE LE PROPRIE PAURE



Paolo Pallavidino blogTutti noi conviviamo quotidianamente con le nostre paure: si insinuano al nostro interno e ci limitano in ogni nostra scelta, decisione, facendoci vivere con il freno a mano continuamente tirato. E se decidessimo di liberarcene? Compiendo anche gesti molto forti, inaspettati, tanto da destabilizzarci totalmente?
Paolo Pallavidino ce l’ha fatta. Ha affrontato la sua più grande paura: rimanere senza soldi e andare a vivere per strada. Come? Facendolo! Nel libro appena pubblicato da Amrita Edizioni Vado a vivere sotto i ponti, l’autore ci racconta il suo percorso. Iniziando da com'è nata e cresciuta in lui la paura di ritrovarsi un giorno senza soldi e di dover andare a vivere sotto i ponti, senza correrne realmente il rischio. Era la paura di suo nonno, poi di suo padre e, seppur in modo diverso, anche la sua. Una paura che, tutte le volte che Paolo ha dovuto fare una scelta coraggiosa nella sua vita, e imboccare una direzione economicamente meno sicura, lo veniva a trovare e lo indeboliva, inducendolo a tentennare e privandolo della gioia di seguire la sua intuizione.
Nella nuova puntata di “Filo diretto con l'autore” abbiamo intervistato Paolo Pallavidino, per approfondire cosa l’ha spinto ad affrontare la sua più grande paura e a vivere da senzatetto per cinque lunghi mesi.

«Il tema del denaro – racconta Paolo – e più nello specifico del vivere senza denaro, è sempre stato presente nella mia vita. Ho convissuto per tanto tempo con un grande irrisolto. Nel 2010 con la mia casa di produzione video avevo lavorato ad un documentario che trattava proprio di questo tema. Già allora ero attratto dal “mondo senza denaro”, ma senza comprenderne fino in fondo il motivo. Nel 2017 mi sono trovato poi a fare tutta una serie di lavori su di me, percorsi di crescita personale e ricerca spirituale a raggio molto ampio, grazie ai quali ho maturato la necessità di andare incontro alle mie paure. Mi sono reso conto, così, che la paura di finire sotto i ponti era un qualcosa che mi portavo dentro da tempo e che aveva radici in ciò che avevo respirato a casa sin da bambino, da mio padre e da mio nonno».

Paolo racconta che a un certo punto si è reso conto che, ogniqualvolta nel corso della sua vita aveva dovuto fare delle scelte, prendere delle decisioni importanti, una voce interiore l'aveva invitato a mantenere la prudenza, a non rischiare. Anche i momenti di grande apertura erano vissuti da lui con il freno a mano tirato: la paura di fallire, di perdere tutto di colpo, bloccavano l’entusiasmo e la leggerezza. La paura che si celava dietro a questo grande freno era proprio quella di finire sotto i ponti, rimanere senza nulla.
Quando è riuscito, dunque, a focalizzare questa paura centrale limitante, ha iniziato ad interrogarsi su come poter trasformare questa convinzione in qualcosa di utile per la sua vita.
«Sentivo forte la necessità di attraversare questa paura – spiega Paolo – di sentirla nel mio corpo, nelle emozioni, nel mio quotidiano, per poterla superare. E così una mattina nel dormiveglia ho sentito un’intuizione molto chiara che mi suggeriva di vivere per strada cinque mesi. Una parte di me ha compreso che potesse essere una pratica di guarigione e ha accolto questa intuizione senza troppi problemi, ma un’altra mi ha posto interrogativi pratici sul come riuscirci, sulle difficoltà che avrei trovato».
Era maggio quando Paolo ebbe questa visione; a novembre lasciò davvero la sua vita sicura e confortevole per abbracciare l’ignoto, la vita per strada. La sua più grande paura – o, come lo definisce lui nel libro, “il suo drago”.
vado a vivere sotto i ponti libroDa quando è iniziata quest'avventura, questa vita del tutto nuova, per Paolo è cominciato un viaggio di conoscenza, di esplorazione di un mondo ignoto in cui le abitudini sono ribaltate, i codici di comportamento totalmente diversi, gli imprevisti all’ordine del giorno, e i comfort del vivere quotidiano annullati.
Un racconto lungo cinque mesi, fatti di sicurezze crollate, bugie smascherate, illusioni cadute, forze sconosciute che all’improvviso compaiono e imprimono una nuova direzione agli eventi; emozioni amplificate e scoperte raggiunte. E tutto ciò ha cambiato Paolo nel profondo, sradicando le paure e mettendolo davanti a tutte le sue contraddizioni e incertezze.

Tra mille nuove domande, di una cosa alla fine l’autore è certo: lui e suo padre, nella vita, hanno avuto la stessa missione: far crescere il PIL. “L’unica grande differenza tra me e lui è che per lui e per una parte della sua generazione il PIL è il Prodotto Interno Lordo, mentre per me e per una parte della mia generazione il PIL è il Parametro di Interiorità Luminosa. Probabilmente i miei figli e le generazioni future riusciranno a trovare una sintesi equilibrata tra i due PIL, perché al momento sembra che le due cose siano antitetiche.”

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