Nei momenti più difficili della vita di ognuno, si ha spesso la netta sensazione di non sentirsi capiti, di non trovare alcun conforto, di essere perduti. In quest’intervista François Lemay guida il suo lettore in un percorso di autoconsapevolezza e risveglio interiore, condividendo le proprie sconfitte personali e le difficoltà che l’hanno portato a scoprire che tutto è sempre perfetto, nonostante ogni cosa sembra andar male.

Suona quasi come una provocazione, il titolo scelto per il primo libro di François Lemay, pubblicato in Italia da Amrita Edizioni. Tutto è sempre perfetto, infatti, fa scrollare le spalle agli scettici e i disillusi. Eppure di questo Lemay è profondamente convinto, tanto da scrivere di quante cose nella sua vita siano andate storte per fargli capire che «tutto è sempre talmente perfetto. Anche quando siamo sferzati dalla pioggia, avvolti nella nebbia o travolti da un uragano. A un livello superiore, anche questo è perfetto». Difficile però rendersene conto quando si attraversano dei momenti di crisi o di chiusura.

Formatore e conferenziere internazionale, alla guida del più grande movimento di coscienza sociale del Québec, “Ispire-toi!”, François Lemay parte sempre raccontando le proprie esperienze e sconfitte personali. «Raccontare l’esperienza diretta è molto più efficace ed è anche l’unico modo che conosca per aiutare gli altri.  Svelare le proprie sconfitte permette a chi ascolta o legge di entrare in risonanza con quello che vive in prima persona». Infatti, ciò che più spesso si sente di dire da chi partecipa ai suoi seminari o approfondisce la lettura dei suoi libri è: “sì, mi rivedo molto in quello che racconti”.

Non a caso, Martin Latulippe, nella prefazione del libro, lo definisce “un tipo normale, senza toga e senza collane da meditazione, che ci parla dei suoi insuccessi”. Senza ergersi a maestro di nessuno e con uno stile semplice e godibile, che si avvale di umorismo e di una grande abilità nel raccontare, Lemay prende per mano il lettore, invitandolo a lasciar sedimentare ogni pagina, ogni riga, ogni parola: senza lasciarsi prendere dalla fretta di arrivare.

Abbreviando il più possibile la distanza dal suo lettore, Lemay rivela le proprie personali debolezze per incoraggiare anche i più sfiduciati a intraprendere un percorso personale di scoperta di sé. Non si astiene in nessun caso dal raccontare le sue sconfitte, i suoi errori.  «Ho avuto il privilegio straordinario di avere un burnout quando avevo solo ventotto anni, poco prima di diventare padre del mio primo figlio, Xavier. Non avevo nessun strumento a cui appigliarmi. La mia è stata una famiglia eccezionale, di grandi lavoratori, con dei valori saldi, ma nessuno mi aveva mai parlato di crescita personale fino ad allora».

Lemay racconta di aver accusato un duro colpo, quando il suo medico gli fece quella diagnosi. «Mi sentivo letteralmente in panne. Ma proprio in quel momento mi sono detto che mi sarei dovuto tirar fuori da dove mi ero cacciato. Ho iniziato a leggere moltissimo, più di quanto avessi mai fatto nella mia vita. Avevo sviluppato una sorta di bulimia di conoscenza». Col tempo Lemay si è formato in programmazione neurolinguistica, ipnosi e sempre gli sembrava che gli mancasse qualcosa. «Ho accolto nel mio percorso gli insegnamenti di grandi pensatori, da Budda a Gesù, a Lao Tzu, ma mi ritengo libero da qualsiasi religione».

Ciò che confessa gli abbia realmente cambiato la vita sono stati i ritiri di Vipassana, in cui per dieci giorni non si parla con nessuno, non ci si guarda negli occhi, ma si prova «a far spazio» dentro sé stessi. «Oggi sono sempre più innamorato della vita che ci attraversa. Spesso rifiutiamo i periodi difficili di resistenza, sconfitta mentre sono proprio quelli che ci offrono le più grandi opportunità di crescita», racconta Lemay. «Il mio lavoro consiste nel risvegliare le persone al loro vero potenziale e rimetterle in connessione con la natura, non cercare l’equilibrio. L’equilibrio non è il sole: a volte sono le tempeste, la pioggia. L’importante è ricordare alle persone chi sono realmente».  E per natura, non si intende solo ciò che ci circonda, ma quella di cui noi stessi siamo fatti, essendone parte integrante. 

«In passato anch’io ho commesso l’errore di motivare gli altri a trovare ciò per cui erano fatti, il loro talento. In realtà questa ricerca ci pone in uno stato di perenne mancanza di qualcosa. Perché quello che desideriamo oggi potrebbe non andare bene domani. Siamo sempre in trasformazione, ecco perché – conclude Lemay – quello che oggi consiglio sempre di fare è di osservare ciò che ci accade e prenderne nota. Tutto sembra andare male? C’è qualcosa - almeno una cosa - per cui essere grati? Prendine nota. Le resistenze nella vita quotidiana sono oggettive a differenza della sofferenza, che è una non accettazione della resistenza. Bisogna sempre cercare di accoglierle, mai contrapporsi».

Comments (0)

Argomenti

Autori

Prodotto aggiunto alla Lista desideri