Linee curve, spezzate, concentriche: ogni tratto è in grado a modo suo di rivelare qualcosa di noi. Ce lo racconta l’autrice Marisa Paschero, che nel suo libro edito da Amrita Edizioni ci guida alla scoperta del significato dei nostri “scarabocchi”, ovvero di quelle forme o piccoli disegni con cui spesso riempiamo i nostri taccuini. Elementi che nascono da un gesto spontaneo e incondizionato e che ci connettono direttamente al nostro inconscio.

Uno scarabocchio può essere molto più di un casuale accostamento di segni e forme tratteggiate. Può aprire uno spiraglio sul nostro inconscio, rivelando tratti distintivi della personalità o stati d’animo passeggeri. A raccontarcelo, è Marisa Paschero, autrice del libro in “Lo scarabocchio - Il tratto d’unione fra noi e il nostro inconscio”.

Da oltre vent’anni Paschero si occupa di Grafologia, una disciplina essenzialmente simbolica che, decifrando i messaggi dell’inconscio e mettendoli tra loro in relazione, tenta di comprendere la natura umana nella sua complessità. L’analisi della scrittura ci permette infatti di capire come “lavora” la nostra mente, come si avvicendano le nostre emozioni, come si manifesta la nostra affettività, come fiorisce il nostro potenziale. 

Fu proprio un grafologo, Robert Meurisse, il primo a soffermarsi sullo scarabocchio come «immagine emozionale» di un soggetto e non come gesto istintivo e casuale. Per provare a decifrarne i significati, nel 1948 Meurisse introdusse un test proiettivo dello scarabocchio, che consisteva nel far scarabocchiare un foglio bianco per circa un minuto e mezzo. Non ci sono altre indicazioni se non quella di riportare il proprio nome al centro del foglio e di muoversi liberamente attorno a questo centro.

Nella puntata di Filo Diretto con l'Autore che l’ha vista protagonista, Marisa Paschero ha spiegato come il foglio diventi in effetti «un piccolo mondo in cui, per un momento, la persona ha “proiettato” se stessa».  Non a caso «l’approccio al foglio», che indica simbolicamente l’ambiente in cui viviamo, ci troviamo e ci muoviamo, è fondamentale nel test dello scarabocchio. È strettamente legato a come il soggetto occupa lo spazio e al suo mondo relazionale: «più lo scarabocchio si espande liberamente e fluidamente su tutto il foglio migliore è il rapporto del soggetto con la sua parte istintiva».

Molto spesso, fa osservare l’autrice, si tende a privilegiare una parte dell’intero foglio, che simboleggia alcuni aspetti della nostra vita: «O perché ci attrae, o perché ci preoccupa, o perché si alimenta di ricordi, o perché si nutre di aspettative spesso ansiose. E, allo stesso modo, lo spazio lasciato bianco diventa una zona solitaria e silenziosa, ignorata, inconsciamente rifiutata o forse temuta». 

Nel test dello scarabocchio, il foglio è idealmente suddiviso in quattro quadranti da due assi che si incontrano perpendicolarmente nel centro. Nel libro Paschero parla di «quattro direzioni universali, che sono l’alto (il pensiero, la spiritualità), il basso (la concretezza, la realtà materiale, le pulsioni), la destra (il futuro, l’incontro con l’Altro, il maschile) e la sinistra (il passato, le origini, la madre, il femminile».

Queste direzioni fungono da «bussola» sul foglio e nell’inconscio di chi traccia lo scarabocchio. Rivelano uno slancio verso il futuro se i tratti convergono verso l’estremità destra del foglio o magari un atteggiamento più ancorato alle origini, al passato se si concentrano sul lato diametralmente opposto. A queste si aggiungono numerose sfumature di significato, a cui si può giungere più facilmente osservando diversi scarabocchi realizzati dalla stessa persona. 

Quando si legge uno scarabocchio, insegna la grafologia, si devono tenere in considerazione altri aspetti, come il tratto più o meno marcato e la pressione della mano sul foglio, che indicano «l’energia vitale» di ciascuno di noi, rivelando a seconda del tratto, forte determinazione, stabilità o magari indecisione, insicurezza.  Esistono in realtà diversi schemi interpretativi del test dello scarabocchio come si legge tra le pagine di Paschero, l’importante, suggerisce l’autrice, è comparare più scarabocchi tracciati dalla stessa persona e lasciarsi sorprendere da quanto questi tratti possano rivelarci di noi, ma «con curiosità e senza pregiudizio».

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